Hackers
L'esponenziale crescita della rete ha cambiato l'identità della società evoluta o per lo meno quella "informatizzata".
Un incredibile mole di dati circola sulle autostrade dell'informazione, dati privati, transazioni economiche e altro ancora. La vita
delle persone si impossessa del mezzo e porta con sé ogni umana caratteristica e fobia, reale e non. Se nel mito popolare esisteva
l'uomo nero oggi esiste un nuovo termine per descrivere qualcuno che attenta ai propri diritti: hacker.
Avevo già opinioni in merito quando Filippo Bianchi, un giornalista di Repubblica, mi intervistò chiedendomi chiarimenti
sulla terminologia a lui poco chiara e molto blasonata dai media che ruotava attorno al termine e in tale ottica riporto le mie considerazioni
a titolo informativo.
Jargon: la nascita di un gergo
L'inizio della cultura hacker si può datare all'anno 1961, lo stesso anno in cui il MIT acquistò il primo calcolatore
PDP-1. In questo contesto universitario il termine fu subito adottato dagli studenti del Tech Model Railroad Club, un gruppo
di persone che si divertiva a costruire automatismi per gestire il traffico ferroviario per modellini di treni. Lo stesso club divenne
in seguito il principale nucleo del laboratorio di Intelligenza Artificiale del MIT, gruppo di sviluppo delle principali tecnologie
moderne informatiche.
Con lo sviluppo della rete di comunicazione ARPAnet, il gergo hacker (jargon) si diffuse nelle principali Università
collegate. La terminologia utilizzata fu raccolta in un file da Raphael Finkel presso l'università di Stanford nel 1975. Un nuovo
polo di sviluppo della cultura hacker fu il centro di ricerca di Palo Alto dove dalla fine degli anni '70 alla metà degli anni
'80 vennero sviluppate un numero altissimo di nuove tecnologie come le interfacce visuali ad icone e finestre, le stampanti laser e
tecnologie per le reti locali di computer. Il legame tra hacker e nuove scoperte tecnologiche è quindi strettissimo. Caratteristica
comune per quelle persone che definiamo hacker è il raggiungimento di un obiettivo nel minor tempo possibile, una rivisitazione
in chiave moderna di "il principio giustifica il mezzo" di Macchiavelli.
Come viene riportato nel Jargon File:
":hacker: n. [originally, someone who makes furniture with an axe] 1. A person who enjoys exploring the details of programmable
systems and how to stretch their capabilities, as opposed to most users, who prefer to learn only the minimum necessary. 2. One who
programs enthusiastically (even obsessively) or who enjoys programming rather than just theorizing about programming. 3. A person
capable of appreciating {hack value}. 4. A person who is good at programming quickly. 5. An expert at a particular program, or one
who frequently does work using it or on it; as in 'a Unix hacker'. (Definitions 1 through 5 are correlated, and people who fit them
congregate.) 6. An expert or enthusiast of any kind. One might be an astronomy hacker, for example. 7. One who enjoys the intellectual
challenge of creatively overcoming or circumventing limitations. 8. [deprecated] A malicious meddler who tries to discover sensitive
information by poking around. Hence 'password hacker', 'network hacker'. The correct term for this sense is {cracker}."
Una persona che si diverte esplorando i dettagli nella programmazione di sistemi e cerca la modalità per ottenere il massimo
delle prestazioni. Qualcuno che programma con entusiasmo (spesso ossessivamente) o si diverte programmando ancor prima che teorizzare
sulla programmazione. Una persona capace di apprezzare. Una persona capace di programmare rapidamente. Una persona esperta nell'utilizzo
di un dato programma. Una persona esperta o entusiasta per ogni ambito, anche l'astronomia.
Esiste anche una connotazione negativa del termine legata a fattori di criminalità informatica e viene espressamente indicata
con il termine cracker. I media spesso confondono le due definizioni e utilizzano hacker con carattere negativo. Anche la new
economy gioca con il fattore terrore e non è un caso che siano proprio i produttori di soluzioni di sicurezza a migliorare
le proprie quotazioni in borsa durante attacchi informatici, un effetto che spesso autoalimenta la propria causa scaturante.
Cracker e Phreaker
I termine è stato coniato all'incirca nel 1985 da hackers che cercavano di difendere e distaccarsi dalle connotazioni negative
che i media usavano a dismisura. Fondamentalmente entrambi i termini delineano persone che hanno compiuto attività di cracking
e le tecniche spesso sono le medesime ma spesso la differenza è nel fine. Mentre un hacker scardina delle misure di sicurezza
per ottenere uno scopo benefico e raggirare dei limiti tecnici, un cracker si appropria della conoscenza per proprio esclusivo interesse.
Ulteriore neologismo che si integra con i termini citati è phreaker, colui che compie cracking sulla rete telefonica per effettuare
ad esempio chiamate a lunga distanza senza spendere nulla. Fino alla prima metà degli anni '80 la tecnologia che controllava
le reti telefoniche era piuttosto antiquata e facilmente scardinabile per propri scopi. Il cambiamento avvenne con l'aggiornamento tecnologico
successivo che tagliò radicalmente molte delle vecchie tecniche di phreaking. Anche l'arresto di gruppi di persone che compievano
questa tipologia di azioni divenne un freno ed è diventato difficile sentir parlare di blue box al giorno d'oggi. (le
blue box erano appositi strumenti che venivano utilizzati dai phreaker per simulare le chiamate telefoniche)
Linux e l'hacking
Linus Torvalds, il creatore di Linux, ha sempre definito la propria soluzione software come "un sistema operativo per hackers
scritto da un hacker". Nessuno può trovare connotazioni negative nello sviluppo di un sistema operativo free,
connotazione profondamente diversa da quella dei software proprietari. GNU/Linux stesso non sarebbe quello che è oggi senza l'apporto
e la creatività degli hackers della Free Software Foundation di Stallman e dei cosidetti battitori liberi, studenti e
sviluppatori che portano la propria esperienza e il proprio tempo verso il free software con il desiderio di farlo espressamente.
|